giovedì 24 marzo 2011

Centenario di McLuhan

1 – McLuhan e il ‘Nessuno Canadese’: (ri)scoprire la Scuola di Comunicazione di Toronto

La sessione inaugurale del convegno intende proporre una riflessione di ampio respiro sull’eredità mcluhaniana che porti al recupero di aspetti rimasti in secondo piano e che pure sono importanti per capire appieno il ruolo che la comunicazione ha giocato e gioca nella costruzione di una nazione: il ruolo che le nuove tecnologie hanno nei processi formativi ed educativi nazionali; l’attenzione per l’arte come ‘contro-ambiente’ culturale; l’importanza di una scolarizzazione capace di alfabetizzare ‘ecologicamente’ sia rispetto alle tecnologie, sia rispetto al sapere più tradizionale; l’attenzione per l’individuo, per le differenze e per i processi interculturali.
Come ricordava Marshall McLuhan, “il ‘Nessuno Canadese’ può avere il meglio di due mondi: da un lato, la dimensione umana della piccola nazione e, dall’altro, i vantaggi immediati derivanti dalla sua prossimità con una grande potenza”; si configura, dunque come ambiente particolarmente fertile per un dialogo tra la dimensione locale e quella globale. Un dialogo che lo studioso canadese ha perseguito attraverso il Centro per la Cultura e la Tecnologia da lui fondato presso l’Università di Toronto nel 1963 e che oggi continua attraverso il McLuhan Program. Partendo da questa esperienza, gli interventi di questa sessione si ripropongono di suggerire percorsi di ricerca complessi e transdisciplinari per affrontare le nuove sfide culturali, sociali ed educative che ogni nazione è oggi chiamata ad affrontare giustapponendo necessità locali ad una dimensione inevitabilmente internazionale.

2 – Comunicare e narrare Storia e Storie: canto, parole, immagini

Questa sessione si ripropone di riflettere su come le forme di comunicazione di massa incidano sulla costruzione di una nazione: non solo Storia, ma anche ‘Storie’, ovvero narrazioni che inventano o costruiscono la nazione giustapponendo espressioni della cultura ufficiale e delle controculture.
Come nasce una nazione? L’assunto a suo tempo proposto da Eric Hobsbwam e Terence Ranger (L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 1987) si indirizza sull’idea di una nazione provocatoriamente “inventata”, che con un aggettivo meno roboante si potrebbe definire “costruita”. La costruzione implica che ci siano degli elementi comuni, nel passato e nel presente, che possano confluire dentro un unicum nazionale.
La nazione pensata e rappresentata dagli intellettuali non è che un abbozzo di ciò che effettivamente la nazione sarà. Dopo avere pensato la nazione, le classi dirigenti hanno avviato processi di nazionalizzazione che si sono intrecciati con la modernizzazione in corso. La modernizzazione ha, a sua volta fornito, strumenti potenti per delineare la nazione, innanzitutto concentrando la popolazione nelle città anziché in piccoli e sparsi villaggi nelle campagne. Questo ha favorito i processi di associazionismo politico, sindacale, professionale.
L’avvento dei media accelera e omogeneizza esperienze e culture, consolida la nazione, ma con la crescita capillare della società dell’informazione lo Stato perde una parte del controllo sulle forme identitarie della nazione. I media in sostanza, non hanno mai un impatto neutrale sulla realtà e ridefiniscono continuamente (per percezioni, valori e conoscenze) lo scenario nazionale.

3 – Media e alfabetizzazione della nazione tra Italia e Nord America

Questa sessione si ripropone di indagare il ruolo giocato dai media nella costruzione delle identità nazionali attraverso un confronto tra la realtà italiana, quella canadese e quella statunitense, con particolare riferimento al secondo novecento. Quanto hanno inciso le forme di comunicazione nella costruzione di percorsi identitari capaci di condizionare il divenire storico? Come sono state utilizzate le forme della comunicazione (quelle più tradizionali come la letteratura o la comunicazione giornalistica e quelle più ‘innovative’, elettroniche o digitali) per creare miti e mitologie capaci di incidere sulla formazione di una memoria culturale condivisa o divisa?
Il ‘Nessuno Canadese” teorizzato da McLuhan nasceva come Confederazione nel 1867; pochi anni prima, nel 1861 nasceva il Regno d’Italia. Nello stesso periodo gli Stati Uniti d’America si confrontano con un grande trauma nazionale, (la Guerra Civile, 1861-1865) raccontato quasi ‘in presa diretta’ dai ‘nuovi media’ (giornalismo e primi reportages fotografici). Nel secondo dopoguerra, Italia e Canada riconfigurano il loro assetto nazionale: il passaggio da Monarchia a Repubblica per l’una; l’autonomia dall’Inghilterra per l’altro. Negli stessi anni, il concetto di democrazia statunitense viene più volte dibattuto alla luce di nuovi conflitti internazionali, di volta in volta raccontati dai media che avranno, al tempo stesso, anche il compito di ‘preservare’ l’identità nazionale.
Gli eventi di cui sopra hanno avuto luogo in momenti storici caratterizzati da profonde innovazioni tecnologiche (il telegrafo e il telefono nella seconda metà dell’ottocento; i nuovi media elettrici, elettronici e digitali nel secondo novecento) che hanno inevitabilmente giocato un ruolo importante nella definizione di scelte e percorsi culturali, sociali, politici, formativi, letterari e artistici. Gli interventi di questa sessione proporranno una riflessione e una comparazione tra le scelte, i contesti e le esperienze delle diverse nazioni.

4 – Media, comunicazione e costruzione di miti e mitologie nazionali

Questa sessione si propone di approfondire il ruolo che i mezzi di comunicazione di massa – da quelli più tradizionali ai nuovi ambienti di comunicazione su Internet – hanno svolto e svolgono nella costruzione e narrazione dei miti e delle mitologie nazionali.
Già negli anni Cinquanta Marshall McLuhan (The Mecahnical Bride, 1951) e Rolan Barthes (1957, Mythologies) evidenziavano come la forza della comunicazione di massa stesse nella capacità di trasformare il culturale in naturale, cioè nel fare passare come qualcosa di ovvio, scontato, quello che i media costruiscono a loro uso e consumo.
Ciò che cominciava a essere vero cinquant’anni fa, lo è definitivamente oggi, perché nei paesi occidentali l’alfabetizzazione e l’accesso ai media (in primis la televisione) hanno raggiunto percentuali che quando scrivevano Barthes e McLuhan erano quasi impensabili. Oggi la quantità di fenomeni di costruzione mediatica e lo spazio che ogni giorno si guadagnano nella vita delle persone (anche quelle meno alfabetizzate) sono così imponenti che nessuna definizione di mito può prescindere da un approfondimento delle regole con cui non solo la televisione e la stampa quotidiana e periodica (inclusi i giornali di gossip), ma anche – e sempre di più – i social network e il buzzing su Internet, costruiscono storie, personaggi, destini e amplificano l’attenzione su di essi, ma anche li modificano e smentiscono, o decidono di cancellarli dalla memoria collettiva.
Il che è vero a maggior ragione se si pensa ai miti più rilevanti per l’identità nazionale, che riguardano la storia, la memoria, le tradizioni e dunque condizionano le possibilità di pensare e progettare il presente e il futuro di un paese.

5 – Nuovi paesaggi mediatici

Questa sessione intende mettere a fuoco i nuovi paradigmi interpretativi idonei a tratteggiare le prospettive e gli scenari futuri nel rapporto tra identità e comunicazione, partendo da un’analisi delle dinamiche sociali e culturali che contraddistinguono l’attuale scenario mediatico.
Sulla base dell’approccio inaugurato da Marshall McLuhan, attraverso cui è possibile definire i media come ambiente, gli interventi ospitati in questa sessione intendono chiarire il ruolo che le più recenti tecnologie dell’informazione e della comunicazione svolgono sul modo di percepire e definire gli spazi sociali della contemporaneità, allo scopo di esplorare i mutamenti in atto nel rapporto uomo-ambiente-tecnologia. Attraverso un approccio di tipo sistemico e di integrazione tra differenti discipline e metodologie, la sessione ha lo scopo di tracciare le linee di fuga attraverso cui nuovi modelli identitari emergono all’emergere delle nuove forme espressive della comunicazione, caratterizzate dalla sempre più massiccia penetrazione dei media nei processi democratici e di formazione delle identità collettive, così da individuare le sfide che il sistema dei nuovi media porta con sé.

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