martedì 25 giugno 2013

Il cinema ritrovato 2013, parte quarta

L’emulsione conta: Orwo e Nová vlna (1963-1968)
Nella Cecoslovacchia della ‘nuova onda’ anche la tecnica sperimenta, a partire dalla cronica difficoltà di reperire pellicola di qualità sul mercato nazionale. Sette film importanti degli anni Sessanta, dalle Margheritine di Vera Chytilová al pre-kubrickiano Icarus XB-1, da scoprire o riscoprire in una nuova prospettiva: la qualità dell’immagine della pellicola Orwocolor (l’Agfacolor dei paesi dell’est) in combinazioni ardite con la più rara Kodak, o messa alla prova di altre tecnologie, come il widescreen anamorfico o le simulazioni di imbibizioni e viraggi.

Pytel Blech (Un sacco di pulci, 1963) di Vera Chytilová • Icárie XB-1 (Icarus XB-1, 1963) di Jindrich Polák • Až prijde kocour (C’era una volta un gatto, 1963) di Vojtech Jasný • Limonádový Joe (Lemonade Joe, 1964) di Oldrich Lipský • Sedmikrásky (Le margheritine, 1966) di Vera Chytilová • Dáma na kolejích (The Lady of the Lines, 1966) di Ladislav Rychman • Údolí vcel (The Valley of the Bees, 1967) di Frantis ek Vlácil

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Lettere da Chris Marker
Chris Marker, cineasta-fotografo, saggista-sperimentatore, è stato una personalità unica nella storia del cinema. I suoi film-saggi prendono vita dopo un apprendistato che coincide con il periodo aureo del cortometraggio francese, gli anni Cinquanta. Il nostro omaggio si concentra sui suoi primi film, dai rarissimi Un Dimanche à Pekin e Description d’un combat (scomparso per quasi cinquant’anni) ai mitici La Jetée e Le Joli Mai, fino a La Sixième face du pentagone (1968). Tra i titoli proposti anche ...A Valparaíso di Joris Ivens, per il quale Marker scrisse un memorabile commento fuoricampo.

Un Dimanche à Pekin (1956) • Lettre de Sibérie (1957) •  Description d’un Combat (1961) • La Jetée (1962) • Le Joli mai (1963) • La Sixième face du Pentagone (1968) • ...A Valparaíso (1963) di Joris Ivens

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Il Giappone parla! Seconda parte. Cantanti e spadaccini
La transizione dal muto al sonoro in Giappone fu un processo lento. Solo a partire dal 1936 i film sonori costituirono la maggior parte della produzione cinematografica nazionale. Per buona parte degli anni Trenta, i muti continuarono ad affiancarsi alla produzione sonora, mentre le potenzialità estetiche delle nuove tecnologie venivano gradualmente assimilate. La seconda parte della retrospettiva si concentra su tre case di produzione: la P.C.L., con la sua enfasi sulla musica, la vita urbana e una penetrante critica sociale; lo Studio J.O., che si divideva tra tematiche sociali e molti jidai-geki (film in costume); la storica Nikkatsu con i suoi drammi in costume di stampo realistico. In collaborazione con il National Film Center di Tokyo.

Horoyoi Jinsei (Tipsy Life, 1933) di Sotoji Kimura • Enoken no Seishun Suikoden (Romantic and Crazy, 1934) di Kajiro Yamamoto • Ani Imoto (Ino and Mon, 1935) di Sotoji Kimura Hyakumannin no Gassho (Chorus of a Million Voices, 1935) di Atsuo Tomioka • Tsuma yo bara no yoni (Wife! Be Like a Rose!, 1935) di Mikio Naruse • Sakasu Goningumi (Five Men from the Circus, 1935) di Mikio Naruse • Akanishi kakita (1935) di Mansaku Itami • Kochiyama Soshun (1936) di Sadao Yamanaka • Sekido Koete (Across the Equator, 1936) di Eiji Tsubaraya

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La guerra è vicina: 1938-1939
Ci sono molti film, realizzati tra Europa e Stati Uniti nel biennio 1938-39, che restituiscono un’idea tangibile e minacciosa della follia che a breve sarebbe seguita. In questa rassegna vogliamo proporre non tanto i titoli più chiaramente anticipatori dell’imminente conflitto, quanto i film che evocano un clima di paure e fragili speranze, film fatti di allusioni, giochi d’ombre e dialoghi sospesi.

Bílá nemoc (White illness, 1937) di Hugo Haas • Pour le mérite (La squadriglia degli eroi, 1938) di Karl Ritter • Three Comrades (Tre camerati, 1938) di Frank Borzage • Oshibka inzhenera Kochina (Engineer Kochin’s Error, 1939) di Aleksandr Macheret Menaces (1940) di Edmond T. Gréville • Sans lendemain (Tutto finisce all’alba, 1940) di Max Ophuls

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Bigger Than Life: viaggio nel CinemaScope europeo
Da circa dieci anni il grande schermo dell’Arlecchino celebra i fasti del CinemaScope. Finora abbiamo mostrato soprattutto i film bigger than life realizzati negli Stati Uniti prima che il formato perdesse la sua forza innovatrice. Quest’anno l’attenzione è rivolta alla magia dello Scope europeo e alle diverse varianti di sistemi panoramici adottate nel nostro continente.

Beatrice Cenci (1956) di Riccardo Freda • La grande guerra (1959) di Mario Monicelli • Sammy Going South (Sammy va al sud, 1963) di Alexander Mackendrick • L’Aîné des Ferchaux (Lo sciacallo, 1963) di Jean-Pierre Melville • Szegénylegények (I disperati di Sandor, 1966) di Miklós Jancsó • Lyulskiy Dozhd (July Rain, 1966) di Marlen Khoutsiev • Pechki-lavochki (Il viaggio di Ivan Sergeevic, 1972) di Vasiliy Shukshin

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Cinemalibero
Una nuova sezione che esplora il corso impetuoso e sommerso del cinema indipendente, che in ogni parte del mondo ha sperimentato linguaggi al di fuori del mainstream. Tra Occidente e Oriente, tra anni Cinquanta e Settanta, questa edizione 2013 presenta autori e film che saranno autentiche scoperte, da Marc Scialom ad Afrique 50, ovvero ciò che rimane del film più censurato del cinema francese, sui genocidi consumati nelle colonie africane. Appartengono naturalmente a questa sezione i film come ogni anno restaurati e presentati dalla World Cinema Foundation di Martin Scorsese.

Avoir 20 ans dans les Aurès (1972) by René Vautier • Lettre à la Prison (1969) by Marc Scialom • Ni Liv (Nine Lives, 1957) di Arne Skouen • Balgan mahura (Red Scarf, 1964) di Sang-ok Shin. Inoltre, un programma dedicato ai Zanzibar Films del ‘68 francese.
Restauri della World Cinema Foundation Borom Sarret (Il carrettiere, 1963) di Ousmane Sembène • Ragbar (Downpour, 1971) di Bahram Beyzaie • Maynila: Sa mga kuko ng liwanag (Manila in The Claws of Light, 1975) di Lino Brocka

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Bonjour Mr. Lewis!
Sei parti di cinquanta minuti l’una, proiettate lungo la settimana del festival, per un capolavoro (quasi) sconosciuto tra i film d’archivio, realizzato nel 1982 dallo storico e cineasta francese Robert Benayoun. L’accesso ai ricchissimi e ordinati archivi personali di Jerry Lewis, filtrato dalla rabdomantica sensibilità di Benayoun, ha prodotto un film-miniera di sequenze, rari numeri televisivi, backstage, interviste: viaggio appassionante nella carriera di un gigante del cinema americano, total filmmaker (regista, sceneggiatore, coreografo, produttore e superstar), genio dello spazio fisico, indiscusso king of comedy.
  

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